Ordinanza n. 322/2002

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ORDINANZA N.322

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare                         RUPERTO                     Presidente

- Riccardo                     CHIEPPA                       Giudice

- Gustavo                      ZAGREBELSKY                 "

- Valerio                        ONIDA                                  "

- Carlo                           MEZZANOTTE                    "

- Fernanda                     CONTRI                                "

- Guido                          NEPPI MODONA                "

- Piero Alberto              CAPOTOSTI                         "

- Annibale                     MARINI                                "

- Franco                         BILE                                      "

- Giovanni Maria          FLICK                                               "

- Francesco                    AMIRANTE                          "

- Ugo                             DE SIERVO                          "

- Romano                      VACCARELLA                   "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), e art. 30, comma 1, lettera a), della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), promosso con ordinanza emessa il 19 febbraio 2001 dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza sul ricorso proposto da Ferrari Bruno contro Consorzio Bacini Piacentini di Levante, iscritta al n. 660 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2001.

  Visti gli atti di costituzione di Ferrari Bruno e del Consorzio Bacini Piacentini di Levante, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nell’udienza pubblica del 21 maggio 2002 il Giudice relatore Fernanda Contri;

uditi gli avvocati Gian Paolo Nascetti e Alessandro Pace per il Consorzio Bacini Piacentini di Levante e l’avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Piacenza ha sollevato, per violazione degli artt. 3, 76 e 77 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), in riferimento all’art. 30, comma 1, lettera a), della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), nonché dello stesso art. 30, comma 1, lettera a), della legge n. 413 del 1991 (anche in rapporto alle lettere c), f) e h) del comma 1 ed al comma 3), per violazione degli artt. 3, 24, 111 e 113 della Costituzione, nella parte in cui non contemplano i contributi di bonifica tra i tributi devoluti alla giurisdizione del giudice tributario, diversamente dai tributi locali, dalle imposte comunali sull’incremento di valore degli immobili e delle controversie catastali e concernenti l’imposta catastale;

che il giudice rimettente è investito dell’esame di un ricorso presentato avverso tre ruoli esattoriali e relativi avvisi di pagamento relativi a contributi di bonifica;

che, come riferisce il giudice a quo, il Consorzio convenuto ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice tributario ed ha depositato successivamente in cancelleria copia del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione presentato alle sezioni unite della Corte di cassazione;

che la Commissione rimettente, dovendo provvedere, ai sensi dell’art. 367, primo comma, del codice di procedura civile, alla decisione sulla sospensione del giudizio in corso, ritiene di dover a tal fine verificare se la contestazione sulla giurisdizione sia o meno manifestamente infondata;

che, secondo il giudice a quo, rispetto a tale verifica sarebbe pregiudiziale la questione di legittimità costituzionale sollevata sulla stessa norma su cui sono chiamate a decidere le sezioni unite della Corte di cassazione, dal momento che l’eventuale accoglimento della questione di legittimità da parte della Corte renderebbe la contestazione della giurisdizione manifestamente infondata, con la conseguente rilevanza della questione nel giudizio a quo;

che, sempre ad avviso del rimettente, la questione, oltre che rilevante, sarebbe non manifestamente infondata, dal momento che l’art. 30, comma 1, lettera a), della legge n. 413 del 1991, nel conferire delega al Governo per la riforma del contenzioso tributario, ha previsto la competenza del giudice tributario per tutte le imposte e i tributi locali, laddove il legislatore delegato avrebbe operato come se un criterio direttivo ("i tributi locali") fosse un precetto tassativo, escludendo dalla cognizione della giurisdizione tributaria i contributi dovuti ai consorzi di bonifica, persone giuridiche pubbliche operanti in ambito locale;

che, secondo il giudice a quo, tale parziale devoluzione di giurisdizione si pone in contrasto sia con la legge delega, con conseguente violazione degli artt. 76 e 77 Cost., sia con l’art. 3 Cost., perché in tal modo si sottopongono ad un trattamento ingiustificatamente differenziato prestazioni ontologicamente identiche, essendo incontroversa la natura tributaria dei contributi in parola;

che mentre al giudice tributario sono state attribuite le controversie relative alle imposte comunali sull’incremento di valore degli immobili, l’esclusione dei contributi di bonifica, anch’essi subordinati all’incremento di valore degli immobili in dipendenza delle opere consortili, determina ulteriore violazione dell’art. 3 Cost.;

che la mancata previsione della giurisdizione tributaria sui citati contributi, secondo il giudice a quo, viola anche gli artt. 3, 24, 111 e 113 Cost., poiché il cittadino, per controversie di modico valore, dovrebbe poter ottenere tutela senza sostenere rilevanti spese processuali e senza subire le lungaggini ed i tecnicismi discendenti dalla necessità di adire il tribunale ordinario;

che nel giudizio di legittimità costituzionale è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare la questione sollevata manifestamente inammissibile o, in subordine, manifestamente infondata;

che, come osserva preliminarmente la difesa erariale, la questione sollevata dal giudice a quo è priva del necessario rapporto di strumentalità tra la sua risoluzione e la definizione del giudizio principale, poiché l’art. 367 cod. proc. civ. prevede la sospensione del processo, a meno che il giudice davanti al quale pende la controversia non ritenga, con una delibazione sommaria, il ricorso per regolamento di giurisdizione manifestamente infondato, restando la risoluzione della stessa di esclusiva competenza della Corte di cassazione;

che, sempre secondo l’Avvocatura, il criterio con cui il giudice di merito deve vagliare la manifesta infondatezza della questione di giurisdizione non può che essere la valutazione dei precedenti delle sezioni unite della Corte regolatrice che, per le controversie relative alle opposizioni alle cartelle esattoriali proposte sul rilievo che l’immobile oggetto di imposizione da parte dei consorzi non riceve i benefici della bonifica, ha sempre affermato la giurisdizione del giudice ordinario

che la Commissione tributaria provinciale di Piacenza avrebbe perciò dovuto sospendere il giudizio, non spettandole alcun altro potere né sulla decisione in tema di giurisdizione, né sul merito della controversia, con la conseguente inammissibilità della questione sollevata;

che ad avviso dell’Avvocatura la questione è anche infondata, non sussistendo violazione dell’art. 3 Cost., né quanto alla ragionevolezza, data la peculiare connotazione dei consorzi di bonifica, né quanto all’eguaglianza;

che, quanto alla asserita violazione degli artt. 111 e 113 Cost., osserva l’Avvocatura che detti parametri sono sforniti di qualsivoglia motivazione, mentre per la violazione dell’art. 24 Cost., spetta al legislatore stabilire le forme e i modi della tutela giurisdizionale;

che nel giudizio di legittimità costituzionale si è costituito il ricorrente nel giudizio a quo, osservando preliminarmente che la questione sollevata è rilevante nel giudizio in corso davanti alla Commissione rimettente;

che la parte rileva che in tanto il processo di merito può essere sospeso a seguito della proposizione del ricorso per regolamento di giurisdizione, in quanto il giudice ritenga l’istanza corretta nelle forme e non manifestamente infondata nel suo contenuto;

che, ad avviso della parte, la questione di legittimità costituzionale proposta ha carattere pregiudiziale rispetto a tale verifica e quindi il giudice a quo, pur in pendenza del regolamento di giurisdizione davanti alle sezioni unite della Corte di cassazione, ha correttamente soprasseduto sino all’esito del giudizio di costituzionalità sulla pronuncia di sospensione del giudizio;

che la parte privata ritiene che la questione, oltre che ammissibile, sia anche fondata nel merito per eccesso di delega da parte del legislatore delegato;

che la legge n. 413 del 1991 ha fissato, anziché dei precetti, dei criteri direttivi e che la conferma di ciò starebbe nel fatto, pur in assenza di specifica delega sul punto, che il legislatore delegato ha devoluto al giudice tributario le controversie concernenti le sanzioni amministrative e gli interessi nella materia di cui all’art. 30, comma 1, della legge, mentre il legislatore delegato ha disatteso il criterio direttivo relativo ai "tributi locali", escludendo dal novero degli stessi i contributi consortili;

che la mancata devoluzione al giudice tributario delle controversie in tema di contributi di bonifica viola anche l’art. 3 Cost. perché sottopone a un trattamento ingiustificatamente diverso prestazioni ontologicamente identiche quali i tributi locali ed i contributi di bonifica;

che anche le altre censure mosse dalla Commissione tributaria di Piacenza sono, ad avviso della difesa del ricorrente nel giudizio a quo, fondate, atteso che la possibilità di difesa del cittadino davanti al tribunale ordinario sarebbe ridotta per effetto delle differenze tra le due procedure, civile e tributaria;

che in prossimità dell’udienza la parte privata ha depositato una memoria con la quale ha chiesto alla Corte, preso atto dello ius superveniens rappresentato dall’entrata in vigore dell’art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), modificativo dell’art. 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, di voler restituire gli atti al giudice a quo per una nuova valutazione della rilevanza della questione;

che anche il Consorzio convenuto nel giudizio a quo si è costituito nel presente giudizio di legittimità costituzionale, chiedendo alla Corte di dichiarare le questioni sollevate inammissibili o, in subordine, infondate;

che preliminarmente la parte ritiene che la questione sia irrilevante nel giudizio a quo, appuntandosi sulla stessa norma su cui è chiamata a decidere la Corte di cassazione a sezioni unite, e non il giudice rimettente del quale è esclusa la legittimazione;

che la questione sarebbe inammissibile perché sollevata da un giudice irritualmente adito, perché del tutto carente di giurisdizione;

che, sempre ad avviso della parte, la questione sarebbe, oltre che inammissibile, infondata, non sussistendo violazione degli artt. 76 e 77 Cost., poiché il criterio indicato dall’art. 30 legge n. 413 del 1991 sarebbe un criterio cogente nella individuazione dei tributi per i quali sussiste la giurisdizione del giudice tributario, mentre la disposizione impugnata avrebbe ripreso l’elencazione già contenuta nell’art. 1 del d.P.R. n. 636 del 1972;

che un’altra ragione di infondatezza della questione, secondo la parte costituita, dovrebbe individuarsi nel fatto che il legislatore delegante non ha inteso assegnare alla giurisdizione tributaria "tutte" le controversie comunque aventi ad oggetto tributi di ogni genere e specie, molte essendo quelle che rientrano nelle attribuzioni della autorità giudiziaria ordinaria in forza dell’art. 9 cod. proc. civ.;

che, come rileva ancora la parte privata, i consorzi di bonifica non rientrano nella categoria degli enti locali di cui agli artt. 118 e 130 Cost. e che, per diritto vivente, i contributi di bonifica non sono compresi tra i tributi comunali e locali, come da orientamento assolutamente consolidato della Corte di cassazione e come implicitamente ritenuto anche dalla Corte, con la sentenza n. 26 del 1998;

che, sempre ad avviso della difesa del Consorzio, la questione è infondata anche riguardo all’ultimo profilo esaminato dal giudice a quo, quello relativo alla violazione degli artt. 3, 24, 111 e 113 Cost., non essendo la scelta del legislatore in grado di comprimere il diritto delle parti di accedere alla tutela giurisdizionale, ed essendo al contrario il maggior tecnicismo del processo ordinario una garanzia a favore del cittadino.

Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Piacenza dubita della legittimità costituzionale dell’art. 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), per violazione degli artt. 3, 76 e 77 della Costituzione, nella parte in cui, disattendendo i criteri direttivi di cui all’art. 30 della legge delega n. 413 del 1991, non attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario la cognizione delle controversie relative ai contributi di bonifica di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici);

che lo stesso giudice dubita altresì della legittimità costituzionale del medesimo art. 2 del d. lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), per violazione degli artt. 3, 24, 111 e 113 Cost., nella parte in cui non contemplano i contributi di bonifica tra i tributi devoluti alla giurisdizione del giudice tributario - diversamente dai tributi locali, dalle imposte comunali sull’incremento di valore degli immobili e delle controversie catastali e concernenti l’imposta catastale - per disparità di trattamento tra situazioni affini e perché, devolvendo la cognizione di tali controversie al giudice ordinario, le disposizioni impugnate pongono ostacoli alla tutela giurisdizionale del cittadino;

che il testo dell’art. 2 del d. lgs. n. 546 del 1992 cit. è stato, successivamente all’ordinanza di rimessione, interamente sostituito dall’art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002);

che questa Corte, prima di esaminare l’effetto di tale ius superveniens sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza, deve esaminare l’ammissibilità della stessa, in particolare sotto il profilo della rilevanza nel giudizio a quo;

che costituisce affermazione costante nella giurisprudenza della Corte quella secondo la quale sono inammissibili le questioni di legittimità sollevate dal giudice del merito dopo la presentazione del ricorso per regolamento di giurisdizione, e "segnatamente quando le norme sospette di incostituzionalità rilevino per la risoluzione della questione di giurisdizione" (v., fra le più recenti, l’ordinanza n. 248 del 2000, che richiama espressamente l’ordinanza n. 239 del 1989 e le sentenze n. 173 del 1981 e n. 43 del 1980);

che la novellazione introdotta al testo dell’art. 367 cod. proc. civ. dall’art. 61 della legge 26 novembre 1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile) non è suscettibile di modificare il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, dal momento che la delibazione sulla non manifesta inammissibilità o infondatezza dell’istanza per regolamento di giurisdizione - prevista al fine di disincentivare il ricorso a detto strumento a scopo meramente dilatorio - non incide sulla competenza in ordine alla decisione sul regolamento stesso, che resta in via esclusiva attribuita alla Corte di cassazione a sezioni unite;

che la Commissione tributaria provinciale di Piacenza non era perciò legittimata a sollevare la questione di legittimità costituzionale sulle norme impugnate;

che la questione è perciò manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), e dell’art. 30, comma 1, della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 76, 77, 111 e 113 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1° luglio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 5 luglio 2002.